GP Malesia: tra giochi e ordini…
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Come lo scorso anno, il Gran Premio di Malesia 2014 ha portato il Circus ha dibattere sugli “ordini di scuderia” o, in un accezione più conciliante, “giochi di squadra”.
12 mesi fa a Sepang, nelle fasi finali, si consumò il duello più spettacolare dell’anno, tra Sebastian Vettel e Mark Webber, mentre qualche metro più indietro Nico Rosberg e Lewis Hamilton venivano “separati” dal muretto box Mercedes. Fasi che si ricordano con entusiasmo, perché le contese in famiglia sono sempre controverse, e coinvolgono i team manager come gli ingegneri di pista, in un frenetico scambio di ordini attraverso le radio; e poi oltre alla fisicità dei duelli, questo tipo di contesa è sempre interessante anche per i risvolti psicologici dei protagonisti che si ripercuotono durante l’arco della stagione.
Gran Premio di Malesia 2013. Vettel a confronto con Webber: un immagine simbolica della passata stagione
Domenica scorsa, nelle ultime manciate di chilometri, i due piloti Williams, Felipe Massa e Valtteri Bottas, si ritrovano uno dietro l’altro; il primo è in 7^ posizione e segue Jenson Button, senza mettergli particolare pressione. Alle spalle della Williams-Renault numero 19 del brasiliano arriva quella numero 77 del finlandese, alla seconda stagione di F1. Dopo un paio di giri il trenino delle 3 vetture procede senza cambi di posizione e a quel punto il muretto Williams si fa sentire. I tecnici ai box, considerando i dati della telemetria e lo stato degli pneumatici, sanno che Bottas “ne ha di più” e se il finlandese trovasse strada libera potrebbe attaccare la Mclaren per il sesto posto. Via radio a Massa viene fatto così notare che Bottas è più veloce, detto in altro modo: lascialo passare!
Jenson Button (34 anni), Felipe Massa (32) e Valtteri Bottas (24)
Massa non cede la posizione e allo stesso tempo vede Button allontanarsi leggermente. A questo punto in TV passa un secondo messaggio radio del team, nuovamente disatteso dal pilota brasiliano.
2 giri passano in fretta, e sul traguardo Massa chiude a 1.4 secondi da Button, mentre le due Williams sono separate da mezzo secondo, con Valtteri Bottas negli scarichi del “ribelle” Felipe Massa.
Nelle interviste del teso dopo gara Massa accenna a problemi di surriscaldamento che gli impedivano di sopravanzare la Mclaren, ma che comunque non si sarebbero risolti qualora si fosse ritrovato alle spalle della vettura del compagno di squadra. Bottas invece butta lì qualche parola di circostanza, con fare cupo, ancor più glaciale di un tipico finlandese…
Valtteri Bottas, finladese, 24 anni
A motori spenti i vari opinionisti sorridono del fatto che Felipe Massa, eterno gregario nella lunga permanenza alla Ferrari, si ritrovi ancora alle prese con ordini di scuderia a suo svantaggio. Stranamente i tanti giornalisti e telecronisti che per anni avevano difeso la politica Ferrari di sacrificare il brasiliano a vantaggio dello Schumacher o dell’Alonso di turno, esultano per la scelta coraggiosa di Felipe, finalmente maturo per farsi valere contro gli inopportuni ordini Williams.
E’ vero, Felipe Massa ha 32 anni, 12 stagioni di F1 all’attivo, è stato vice-campione del Mondo nel 2008, è colui che garantisce munifici sponsor al team per cui corre, e alla prima gara stagionale è stato messo fuori gara alla partenza, a seguito di un tamponamento, quando aveva tutte le carte in regola per conquistare un piazzamento a punti. Valtteri Bottas, 24 anni, domenica correva invece il suo 21° GP in carriera, mentre a Melbourne, 15 giorni prima, aveva ottenuto un brillante 5° posto pur non essendo stato esente da errori: insomma, Massa aveva più di una valida motivazione per ignorare gli ordini imposti dal team via radio.
Fernando Alonso e Felipe Massa compagni di squadra ai tempi della Ferrari
Eppure anche la Williams, team che tradizionalmente evita di dare ordini ai propri piloti, aveva ragione di evitare un incidente tra i due piloti e cercare di strappare il 6° posto alla Mclaren, scuderia rivale diretta nel Mondiale Costruttori. Se poi Bottas non fosse riuscito negli ultimi giri a sorpassare Button, avrebbe tranquillamente potuto cedere nuovamente la posizione al compagno più esperto.
La presentazione ufficiale del team Williams Martini Racing al cospetto del suo fondatore, Sir Frank Williams (71)
Così, nonostante i tanti opinionisti italiani che hanno elogiato Massa a fine gara, quando per anni si sono dimostrati indifferenti agli ordini di scuderia che la Ferrari intimava allo stesso brasiliano, la situazione era ben più complessa…
Probabilmente essendo alla seconda gara del campionato la strategia d’attacco della Williams era fuori luogo, seppur in F1 (come per altro in tutti gli sport) ogni punto può alla fine risultare decisivo.
Ora è forse bene differenziare due tipi di “ordini di scuderia”.
Da un lato ci possono essere ordini come quello di domenica scorsa: una disperata soluzione d’attacco che non vuole favorire un pilota perché egli è “prima guida” per contratto, ma perché in quella determinata situazione di gara può risultare vantaggioso alla squadra fare un cambio di posizioni.
Ben diversi sono quegli ordini che vengono impartiti a piloti considerati per ruolo gregari del compagno di team; questi sono probabilmente ordini gerarchici meno accettabili nel mondo dello sport. E’ il caso dell’episodio dello scorso anno tra Rosberg e Hamilton, o di quello assai celebre tra Barrichello e Schumacher, in Austria nel 2002: in quei determinati momenti della corsa non c’era alcun vantaggio per, rispettivamente, Mercedes e Ferrari di imporre ordini di scuderia, proprio perché quegli scambi di posizione erano deliberatamente voluti solo per favorire un pilota sul compagno, ritenuto per carenze tecniche o debolezze caratteriali, “seconda guida”.
Gran Premio d’Austria 2002. Su ordine radio della Ferrari Rubens Barrichello rallenta e il compagno Michael Schumacher vince, a pochi metri dalla bandiera a scacchi
Ad ogni modo la Formula Uno è una competizione tra squadre che però premia un solo pilota; tale tensione da sempre crea situazioni imprevedibili. Così le rivalità tra uomini vestiti dello stesso colore hanno saputo mostrare il lato umano, coinvolgente e a volte persino drammatico di questo sport.
Francesco Bagini
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